Nicoletta Polla-Mattiot - Pause. Sette oasi di sosta sull’orizzonte del silenzio
Mimesis Edizioni
L’ultima fatica di
Nicoletta Polla-Mattiot. Pause. Sette oasi di sosta sull’orizzonte del
silenzio, è da considerarsi un vero e proprio inno al silenzio.
Attraverso un testo scorrevole e importanti citazioni, l’autrice riesce a
trasportare il lettore nella dimensione dell’ovattato, facendogli
riscoprire non solo l’importanza del silenzio ma anche le sue
caratteristiche.
“In un mondo in cui
tutti pensano di avere qualcosa da dire e, che lo abbiamo o no, lo
dicono, anzi lo urlano, alti, compiaciuti, arroganti, antagonisti; in un
mondo, un paese, un’epoca in cui tutti
si fanno in quattro per proclamare ai quattro venti opinioni e giudizi;
in un mondo in cui parlare significa far valere la legge del più forte e
il dialogo è –nella migliore delle ipotesi- dibattito, il dibattito
–nella migliore delle ipotesi- discussione, la discussione –nella
migliori delle ipotesi- litigio, il litigio è zuffa, piazzata, insulto,
parapiglia; in un mondo in cui tutti parlano –di cosa non si sa…”
(p.11).
Opponendosi proprio a
questo frastuono e al vano suono delle parole, Polla-Mattiot propone
questo manuale, nato con l’intenzione di riscoprire, comprendere,
valutare, ricercare e perfino vivere il silenzio.
L’autrice, infatti, nel
breve ma profondo testo, illustra in maniera molto accattivante non solo
la bellezza della riscoperta del silenzio, ma anche la sua stessa
necessità. Passando in quelle che l’autrice definisce sette oasi (cioè
passi necessari alla comprensione del silenzio), il lettore inizierà a
comprendere la vera natura del silenzio (scoprendone la totalità nei
sensi e non riducibile alla dimensione meramente auditiva). Lo si vedrà
nello sbigottimento, sia di un’emozione positiva che negativa, fino a
ricercarlo nella propria vita. Una ricerca, che non è solo tesa
all’ascolto, ma anche presente e pregnante nel dialogo, come scelta e
possibilità del dire ma anche del non dire. Raccogliere, Provare,
Sopportare, Ascoltare, Cercare, Parlare e infine Vivere; questi sono i
capitoli, le oasi necessarie, che serviranno, secondo l’autrice, ad
ossigenare la nostra vita. Passaggi che forniscono le prime indicazioni,
per riappropriarsi del silenzio, ma soprattutto, attraverso esso, di se
stessi. Il silenzio, dunque, come riscoperta di sé.
Il libro della Polla-Mattiot è un vero e proprio inno al silenzio, che canalizza verso il proprio “Io” e la propria esistenza.
Passo dopo passo ci
mostra la grandezza del silenzio, ci fa innamorare di quel bene, ormai
tanto raro. Nel primo capitolo (Raccogliere), ci fa avvolgere da esso,
ma lo fa anche assaporare, vedere, toccare, sentire e perfino annusare.
“Non esiste solo un organo: l’approccio è necessariamente sinestesico e
ci riporta a un livello più profondo e insieme arcaico, a volte
regressivo, perché la fusione dei sensi è chiave d’accesso al
pre-verbale. Il silenzio ha un odore, un colore e un sapore oltre che un
suono e un’immagine”. (p.16). Comprendere il silenzio è un’emozione
avvolgente oltre che una vera e propria esperienza sensibile.
I silenzi, inoltre, non
sono tutti identici ed ognuno di esso ha un suono, un colore o una
forma. Viene espresso attraverso lo sbigottimento -quando siamo in
silenzio o senza parole-, ma le emozioni che lo provocano o lo
accompagnano possono essere di natura completamente diversa; dalla pura
gioia al totale spaesamento della perdita della propria coscienza. Il
silenzio, seppur trascurato, ha secondo l’autrice, un ruolo fondamentale
nella esistenza umana. Per tale ragione, uno dei gradini fondamentali è
proprio quello del Cercare.
“Accettare l’intimità
del silenzio è raccogliere la sfida della ‘ospitalità al mistero’ di
quel che siamo, qualunque cosa siamo. Luce e ombra, nobiltà e miseria,
pulsione e razionalità, picchi e baratri, slancio e freno, forza e
debolezza, senza replicare lo schema accettabile di una maschera
sociale” (pp.37-38). L’ascolto del silenzio, dunque, è la
riappropriazione di se stessi. Ma anche il terreno in cui esplorare la
relazione e la reciprocità dei rapporti umani. Nella comprensione del
dialogo, infatti, risulta fondamentale il non-detto. Le pause tra le
parole, la loro durata nonché il loro ritmo, permettono di avvicinarsi
all’altro, non solo attraverso ciò che vuole comunicare, ma intuendo
anche le sue più profonde motivazioni. In tal modo, superando le mere
parole e la futile comunicazione, si può intraprendere una relazione più
profonda.
“Ascoltare il silenzio
degli altri, quindi, prima ancora che le loro parole, è aprirsi a una
relazione profonda, nuova, esplorare il terreno della reciprocità […].
Contano le pause, il ritmo, l’intonazione del detto quanto i luoghi, i
modi, i tempi del non detto” (pp. 39-40).
Il viaggio, che ci
invita a percorrere l’autrice, è esistenziale prima che scoperta della
bellezza e della pace, altresì importante nel frastuono del mondo
attuale. A supportare e sostenere le piccole oasi, vengono in aiuto
dell’autrice grandi letterati e filosofi, da Quintiliano a Saramago
passando per Jung. Attraverso le loro metafore e allitterazioni, il
silenzio viene evocato in tutte le sue sfaccettature, ripercorrendone
non solo i tratti caratteristici ma soprattutto avvallando e sostenendo
il testo.
Da sottolineare che
l’esaltazione e l’importanza che l’autrice dà al silenzio, non vuole
essere in antitesi con le parole. Infatti, il silenzio non è in
contrapposizione con il linguaggio, non è il suo antagonista, bensì la
sua naturale continuazione. “Porre l’accento sul silenzio non significa
svalutare il linguaggio, al contrario, ampliarlo in termini di contenuti
e sintassi, di coloritura ed efficacia espressiva. Il tacere come
scelta è un atto linguistico. Sospendere una frase, ricorrere a una
pausa, alternare pieno e vuoto nel ritmo del discorso, sono opzioni per
dire diversamente, azioni volontarie di comunicazione, non antitetiche
ma integrate alla parola” (p.43).
L’unica parola a cui si
oppone e da cui si distanzia il silenzio, è quella vana inutile e
impersonale; la parola di cui, in effetti, ci si avvale oggigiorno.
Il breve testo della
Polla-Mattiot è innovativo nel suo genere, oltre che piacevole nella
lettura. Nonostante la scarsità di corposità, affascina sia per la sua
ricerca della dimensione del vero Io (non della maschera dei ruoli) che
per le citazioni e il grande lavoro letterario effettuato nel poterle
riportare nel testo.
Annarita Tucci - 07/11/2012
Annarita Tucci - 07/11/2012