La scuola del silenzio

Una vacanza dal rumore: corsi di silenzio (artistico, meditativo, escursionistico), fra le colline di Anghiari

Convegni & maratone del silenzio

Da Milano a Torino, da Foligno a Roma, incontri con audiologi, naturalisti, astronomi, filosofi, scrittori...

I taccuini del silenzio

Pensieri per un momento di stacco, libri da tenere in tasca, per ritagliarsi una pausa di silenzio.

Spettacoli, festival, mostre del silenzio

Reading, concerti, festival, gite in barca e nelle oasi acustiche, mostre: il silenzio può essere un'occasione di divertimento e passeggiate

Il pubblico

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Scuola estiva 2013

A fine agosto durante le giornate organizzate dall’Accademia del silenzio ad Anghiari sono previsti due cicli di seminari residenziali presso la Lua (Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari).

I seminari saranno realizzati su differenti aree tematiche connesse al silenzio:
Per partecipare occorre compilare il modulo di iscrizione, indicando il seminario prescelto

29-31 agosto – Anghiari
Con la mente nel cuore e nel respiro. Il silenzio nel Buddhismo e nel cristianesimo orientale, a cura di Giampiero Comolli

Le parole del silenzio e il linguaggio delle emozioni, a cura di Nicoletta Polla-Mattiot

Le trame del silenzio: itinerari cinematografici tra soste e incantamenti, a cura di Emanuela Mancino

La poesia del silenzio, il silenzio della poesia, a cura di Stefano Raimondi

5-7 settembre - Anghiari

I sentimenti taciuti: ritrovare e scrivere i silenzi di una vita, a cura di Duccio Demetrio

Ascoltare il silenzio: viaggio nel silenzio della musica, a cura di Emanuele Ferrari

I silenzi in Piero della Francesca: itinerari in Val Tiberina, a cura di Marco Ermentini

I profumi del silenzio
, a cura di Angelo Andreotti e Maria Grazia Comunale

C’è silenzio e silenzio. Forme del tacere tra sociologia, filosofia e poesia
, a cura di Giovanni Gasparini.
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Il silenzio dell'uomo con la schiena dritta (Duram Adam)

di Giorgio Macario

Ermen Gunduz è un genio. Certo è anche un giovane performer e coreografo turco e questo può averlo  avvantaggiato sul versante della creatività.
Ma nulla toglie al fatto che con il suo semplice ‘stare ritto in piedi’ come gesto corporeo, apparentemente passivo e innocuo ma in realtà potente quanto un maglio d’acciaio, abbia disintegrato la pretesa del governo turco di rispondere alle crescenti proteste con cariche, fumogeni e intrugli urticanti vari.
Se in Avatar il popolo Na’vi  insegna all’essere umano l’importanza e la forza della semplice locuzione ‘Io ti vedo’, Ermen Gunduz ha ricordato a tutti noi, nella sua testimonianza solitaria ma estremamente contagiosa, quanto possa essere sgradito al potere turco, così come a tutti i poteri costituiti che perdono il contatto con la realtà, sentirsi sotto costante osservazione.
“Io vi vedo e quel che fate è sotto i miei occhi” è il messaggio silenzioso e provocante ad un tempo che quell’uomo solitario con la schiena dritta (ormai noto come ‘the standing man’, in turco ‘duran adam’) ha trasmesso efficacemente con il suo solo stare ritto in piedi in piazza Taskim a Istanbul , con lo sguardo rivolto ad un centro culturale dismesso non casualmente intitolato al padre della Patria Kemal Ataturk.
“Noi vi vediamo e quel che fate è sotto gli occhi di tutti” è il messaggio altrettanto silenzioso e rivoluzionario che decine di migliaia di giovani e non più giovani, a Genova, in Italia così come in tutte le piazze del mondo, rimandano non solo al premier turco Recep Tayyip Erdogan ma a tutti i governanti  che si vengano a trovare in condizioni analoghe.
Ma ora che ci penso, ho cambiato idea. Ermen Gunduz, l’uomo che sta ritto in piedi, non è un genio; è un uomo nel senso più nobile del termine, un abitante della Terra che ha riscoperto per noi l’importanza del silenzio come ‘arma sonica’ non violenta.
Nella civiltà dell’immagine spesso tutto avviene in un istante e si consuma altrettanto rapidamente.
Qualche volta quest’istante racchiude un’intuizione folgorante che rimane come scolpita nella pietra.
E dilaga per ogni dove, in un silenzio assordante.

Pensieri sul silenzio di Francesca Rigotti

Questo articolo ci è stato segnalato da  Stefano Raimondi ed èpubblicato sul sito Doppiozero.

Silenziare l’antipolitica

Uno degli aspetti che più mi ha colpito della campagna elettorale 2013 in Italia, che ho osservato muta e solatia da terre assai lontane, è il paradosso stilistico della cosiddetta antipolitica. L’antipolitica espressa dal richiamo diretto al popolo – o populismo – di Beppe Grillo, che vorrebbe opporsi e contrapporsi alla politica stessa, la quale, nella sua forma più sintetica e squisitamente democratica, è parola. Il “parlamento” è il luogo in cui, grazie al procedimento democratico, invece di spararsi si parla, ci si accorda, si delibera e si decide democraticamente. Grillo non contrasta questa politica con il suo opposto, un garbato ed educato silenzio, o con parole sussurrate elegantemente sottovoce; Grillo grida, urla e sbraita; io vincerò, smania, perché grido più forte di te. E giù grida e ululati e singhiozzi.
Ma perché non fai silenzio per una volta, mi viene da pensare, taci e pensa; rifletti e medita, in silenzio. Anzi, iscriviti all’Accademia del Silenzio, partecipa alla Maratona del Silenzio, impara a fare silenzio e a diffondere la cultura del silenzio, rieducati al silenzio!

Rompere il silenzio

Al silenzio della voce, il tacere, per usare espressioni più proprie, e al silenzio dei suoni, il silere dei latini, per il quale l’italiano non ha un termine. Parliamo ora un poco, davvero poco – per quanto ciò sia paradossale –, scriviamo – va già meglio – un poco di silenzio, partendo da questa bizzarra Accademia (da un’idea, si dice, di Nicoletta Polla-Mattiot e Duccio Demetrio, due intellettuali silenziosi ma non di poca rilevanza) e dalla collana su cui stanno infilati come perle i libretti sul silenzio pubblicati da Mimesis edizioni di cui sei sono già usciti e altri tra non molto seguiranno. Scriviamo di tacere degli uomini e di tranquillità dei luoghi silenti, beni primari che molti, che ci tenevano, hanno perduto a causa di altri, che li hanno a loro volta perduti ma non sembrano farci caso. In alcuni casi prevalgono fattori inarrestabili – ci dicono –, come il frastuono del progresso; dall’altra, prevale soltanto la prepotenza di chi riempie di musica di sottofondo, annunci pubblicitari, notizie o altro, gli spazi chiusi in cui si viene a trovare l’ignaro cittadino-cliente-consumatore-paziente-viaggiatore, ma anche gli spazi aperti di una pista di sci o del bordo di una piscina. Di chi è quello spazio al quale si ruba il silenzio, o quel poco di esso che era rimasto? Privato? Pubblico? Comune? Forse giusto nel primo potrò quel che voglio, se ne sono il padrone; negli altri due casi padroni e proprietari che decidono chacun pour soi non ce ne sono.

Silenzio bene comune

Il silenzio è un bene comune molto delicato; è come un pascolo o una fungaia o una fonte d’acqua, sì, dove se io mi approprio sregolatamente della più parte del bene, ne tolgo agli altri il godimento (gli economisti chiamano questi beni “rivali”).
Come nel caso dei beni comuni tradizionali (acqua e pascoli) e dei nuovi beni comuni della conoscenza, “non rivali”, studiati da Elinor Ostrom, di cui oggi non a caso ci si occupa molto, anche il silenzio torna a ridestare attenzione man mano che lo si perde; talvolta non soltanto a causa di una generica diffusione di rumori  industriali e urbani, ma proprio perché qualcuno che del silenzio è fobico gira una manopola, schiaccia un pulsante e lo distrugge, per sé e per gli altri. Qualcuno che non ama il silenzio e che impone le sue preferenze, perché non è vero che il silenzio lo amiamo tutti e ci dispiace perderlo.

I portatori di silenzio

Sono, coloro che lo amano, I portatori di silenzio, come dice il titolo di uno dei libretti-perle della collana, del poeta Stefano Raimondi? Il silenzio dei poeti è diverso dal silenzio dei filosofi, dei mistici, dei sociologi, degli scienziati o dei musicisti. Per Raimondi si tratta del luogo nel quale il silenzio “ha luogo”, trova posto, un posto dove crescere in intensità e mostrarsi nel suo silenzioso biancore. Il silenzio è il luogo in cui si può abitare allontanandosi dalla chiacchiera che lo stupra e lo offende, a cui occorre silenzio per farsi largo, farsi spazio e luogo.
Che il silenzio sia un luogo, un contenitore, un ricettacolo attraversato talvolta, rotto quindi, da suoni e parole? Uno spazio torpido, in penombra, immobile, statico, forse persino un po’ stolido; uno spazio ovattato e acquatico dove entra, spezzandolo, la parola che esce dal tempo, la parola/suono mobile, veloce, penetrante? Vedo che sto spostandomi verso quello che sarà il mio intervento, tra questi svariati sul tema del silenzio, che quando sarà pubblicato mi impedirà di parlare da esterna, mi chiederà silenzio. È meglio allora ch’io taccia già da ora.

Recensione "Ascoltare il silenzio" di Emanuele Ferrari

Emanuele Ferrari -  Ascoltare il silenzio
Mimesis Edizioni 


Secondo il pianista e musicologo Emanuele Ferrari (Milano,1965), il silenzio è un elemento cruciale e imprescindibile di qualsiasi creazione ed esecuzione musicale. Nel breve saggio pubblicato da Mimesis, l'autore afferma che “la musica è in rapporto costante col silenzio: anche quando non è materialmente presente esso agisce come sfondo, come rimando implicito, come dimensione di senso. Tra i due elementi esiste un'intera gamma di relazioni che vanno dall'evocazione al rimando implicito, dall'allusione al comando.” Nella prima parte del suo scritto, Ferrari invita il lettore all'ascolto attento di diverse atmosfere musicali, confrontando un Notturno di Chopin con una Fantasia di Bach: la poetica emozionale e interiore del primo con “lo stupefacente vortice di forme sonore” del Cantor di Lipsia. E ancora di Bach sottolinea “il silenzio evocato” in un clima “di intensa, quieta devozione ed elevazione spirituale” nel corale “Vieni ora, salvatore dei pagani”, o l'ascetismo di fondo espresso dalla “Prima Sonata in sol minore per violino solo”, in cui la musica esprime “il fluire del pensiero nel silenzio”. E sempre in Bach, nella “Passione secondo Matteo”, mette in luce il senso di abbandono reso evidente dal tacere di Gesù interrogato da Pilato, o dal silenzio che segue il suo grido “Eli, Eli” sulla croce. In una prosa appassionata ma mai pedantesca, Ferrari ci guida  a riflettere sul silenzio squarciato, lacerato dalle fanfare in Mahler, che poi si inabissa in “una melodia struggente e carica di nostalgia”. O sulla “memoria del silenzio” rievocata dalla musica nell'apostrofe straziata della Elizabeth wagneriana nel Tannhauser. E ancora sulla diversità di interpretazione che grandi pianisti danno alle pause in Beethoven, nella ricerca di “un equilibrio quasi utopico fra pieno e vuoto, transitorietà e permanenza”. Una guida preziosa e competente per chi voglia lasciarsi penetrare dalla musica anche nelle sue sospensioni, rarefazioni, attese.

Questa breve recensione è stata pubblicata sul sito della libreria onLine IBS da Alida Airaghi.

Recensione "Il gioco del silenzio" di Carlo Sini

Carlo Sini - Il gioco del silenzio
Mimesis Edizioni

L'editore Mimesis ripropone (in una collana tutta dedicata al silenzio) questo breve e prezioso saggio del Professor Carlo Sini, già pubblicato da Mondadori nel 2006. Una lunga meditazione, ma resa in termini quasi colloquiali, e senz'altro ispirati, sulla natura del silenzio, che è “l'intorno e l'intervallo...è prima di ogni cosa, però è anche tra le cose: le separa... impercettibile intervallo al mutare di ogni stato di cose”. Silenzio che può maturare nell'assenza e nel vuoto, o come opposizione, contrasto, sottolineatura della parola. Quindi la riflessione filosofica deve partire proprio da qui, dalla nostra capacità/possibilità di espressione, dal linguaggio: “La parola rompe il silenzio. Ma lo fa anche apparire.” E quanti sono i silenzi che ci circondano: il silenzio dell'ignorante e dell'ignorato, il silenzio dell'animale, dell'infante, della nuvola, che “sono quello che sono e sanno fare quello che fanno senza bisogno di parlarne”. Il silenzio di Dio, che non preoccupa né l'ateo né il credente convinto, ma turba chi si interroga sul suo “imponente, onnipresente, esorbitante riserbo”, forse giustificabile solo come salvaguardia della nostra libertà.
Quel silenzio che rende “irriducibile ogni domanda, inconsistente ogni risposta, imprevedibile il futuro, irrevocabile il passato, col suo bene e col suo male, decisiva, emozionante e inquietante la croce del presente...”. La scrittura del filosofo diventa in queste righe intensa e profetica, quasi a
farsi “coscienza desta della vita...giusta eco del silenzio del mondo...aspirazione silenziosa che vive nell'esperienza di tutti”: perché “la virtù prima del filosofo non è la parola, bensì l'ascolto, non è la ragione espressa, ma la domanda silenziosa.” Che il linguaggio salvi, esprima la sua carità. Altrimenti, come scriveva Wittgenstein, meglio che taccia.

Questa breve recensione è stata pubblicata sul sito della libreria online IBS da Alida Airaghi.